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057 – Le leggi razziali

Le leggi razziali rappresentano rappresentano senza ombra di dubbio una vergogna sotto tutti i punti di vista, ebbero però un effetto molto limitato, se paragonato alle persecuzioni dell’epoca ina altri paesi e in un certo senso permisero al fascismo quella funzione di ‘scudo‘ che storicamente esercitò. Se osserviamo il tutto nel quadro complessivo dell’epoca, vediamo che l’Italia fra le principali nazioni del mondo, per quel che riguarda la persecuzione contro gli ebrei fu quella che ne esce meglio.

Vediamone la cronologia
Nel maggio del 1938 Hitler viene a Roma per ricambiare la visita di Mussolini. Storicamente non esiste la prova di un collegamento diretto tra la visita e la svolta razzista del Regime (e secondo molti storici, a partire da De Felice, sarebbe ingiusto scaricare le responsabilità dell’Italia e del fascismo su Hitler). Fatto sta che il mese dopo una delegazione di esperti tedeschi di razzismo viene in Italia per istruire funzionari italiani su questa pseudo-scienza; e appena due mesi dopo, il 14 luglio del 1938, viene pubblicato il “Manifesto della razza” , firmato da un gruppo di professori, di cui il più autorevole è Nicola Pende, in cui si sostiene la teoria della purità della razza italiana, prettamente ariana, il cui sangue va difeso da contaminazioni: quindi, gli ebrei sarebbero estranei e pericolosi al popolo italiano.
Riguardo a Pende, che era fascista, non esiste alcun documento che provi che abbia firmato il documento. Alla fine della guerra Pende dichiarò di non averlo firmato e fu processato. Ebbe come testimoni a favore numerosi ebrei che dissero che Pende li aveva salvati salvati dalla deportazione nascondendoli nella sua clinica universitaria romana durante i rastrella menti seguiti all’8 settembre. Fu scagionato da ogni accusa con sentenza della Suprema Corte di Cassazione della Repubblica Italiana l’8 luglio 1948.

Il massimo consenso alla campagna razzista si manifesta tra gli intellettuali e i docenti universitari. Tutto ciò suscita scarsi dissensi. Uniche eccezioni di rilievo sono il filosofo Giovanni Gentile (potrebbe essere uno dei motivi per cui fu assassinato dai partigiani), lo scrittore Massimo Bontempelli, e il fondatore del futurismo Tommaso Marinetti. Voci discordi si levano anche in ambienti cattolici (in particolare ad opera del gruppo fiorentino di Giorgio La Pira), preoccupati tra l’altro della piega “pagana” che sembra prendere la persecuzione antiebraica, e inizialmente anche da parte del Vaticano che però – come scrive Renzo De Felice – tutto sommato non si dimostra contrario “ad una moderata azione antisemita“.
E infatti il 10 ottobre l’ambasciatore italiano presso la santa Sede comunica per telespresso a Mussolini: “(…) le recenti deliberazioni del Gran Consiglio in tema di difesa della razza non hanno trovato in complesso in Vaticano sfavorevoli accoglienze (…) le maggiori per non dire uniche preoccupazioni della Santa Sede si riferiscono al caso di matrimoni con ebrei convertiti“.

Il 25 luglio del ’43 viene destituito Mussolini e sciolto il partito fascista. Il governo Badoglio rilascia i prigionieri ebrei, abroga le norme che prevedono il lavoro obbligatorio e i campi di internamento ma – nonostante la sollecitazione dei partiti antifascisti – lascia in vigore le leggi razziali, che non sono revocate neppure dal Re. Badoglio scriverà nelle sue memorie che “non era possibile, in quel momento, addivenire ad una palese abrogazione delle leggi razziali, senza porsi in violento urto coi tedeschi” (che però, allo scopo evidente di non risvegliarne la suscettibilità, furono da quel momento oggetti di atti di terrorismo, cui seguivano le prevedibili rappresaglie che in mancanza di prigionieri partigiani coinvolgevano anche cittadini ebraici e non).

E’ bene anche ricordare che le leggi razziali non si applicavano a tutti gli ebrei, ma prevedevano:

Nessuna discriminazione sarà applicata, escluso in ogni caso l’insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado, nei confronti di ebrei di cittadinanza italiana, quando non abbiano per altri motivi demeritato, i quali appartengono a:

  • famiglie di Caduti nelle quattro guerre sostenute dall’Italia in questo secolo; libica, mondiale, etiopica, spagnola;
  • famiglie dei volontari di guerra nelle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola;
  • famiglie di combattenti delle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola, insigniti della croce al merito di guerra;
  • famiglie dei Caduti per la Causa fascista;
  • famiglie dei mutilati, invalidi, feriti della Causa fascista;
  • famiglie di Fascisti iscritti al Partito negli anni 1919, 1920, 1921, 1922 e nel secondo semestre del 1924 e famiglie di legionari fiumani.
  • famiglie aventi eccezionali benemerenze che saranno accertate da apposita commissione.

Gli altri ebrei
I cittadini italiani di razza ebraica, non appartenenti alle suddette categorie, nell’attesa di una nuova legge concernente l’acquisto della cittadinanza italiana, non potranno:

  1. essere iscritti al Partito Nazionale Fascista;
  2. essere possessori o dirigenti di aziende di qualsiasi natura che impieghino cento o più persone;
  3. essere possessori di oltre cinquanta ettari di terreno;
  4. prestare servizio militare in pace e in guerra.

L’esercizio delle professioni sarà oggetto di ulteriori provvedimenti.
Il Gran Consiglio del Fascismo decide inoltre:

  1. che agli ebrei allontanati dagli impieghi pubblici sia riconosciuto il normale diritto di pensione;
  2. che ogni forma di pressione sugli ebrei, per ottenere abiure, sia rigorosamente repressa;
  3. che nulla si innovi per quanto riguarda il libero esercizio del culto e l’attività delle comunità ebraiche secondo le leggi vigenti;
  4. che, insieme alle scuole elementari, si consenta l’istituzione di scuole medie per ebrei.

Questa la cronologia. Vediamo invece il pensiero di Mussolini.

1920: dalle colonne del Popolo d’Italia Mussolini scrive: « In Italia non si fa assolutamente nessuna differenza fra ebrei e non ebrei; in tutti i campi, dalla religione, alla politica, alle armi, all’economia … la nuova Sionne, gli ebrei italiani, l’hanno qui, in questa nostra adorabile terra. »

13 maggio 1929: Mussolini alla Camera dice: “Questo carattere sacro di Roma noi lo rispettiamo. Ma è ridicolo pensare, come fu detto, che si dovessero chiudere le sinagoghe o la sinagoga. Gli ebrei sono a Roma dai tempi dei Re; forse fornirono gli abiti dopo il ratto delle Sabine. Erano cinquantamila ai tempi di Augusto e chiesero di piangere sulla salma di Giulio Cesare. Rimarranno indisturbati

1933 – Mussolini autorizza, per il tramite del Ministero degli affari esteri, gli ebrei tedeschi a rifugiarsi in Italia “purché non vengano a fare della politica contraria sia all’Italia che alla Germania“.

6 settembre del ’34: Mussolini in piazza Prefettura dice: “...trenta secoli di storia che ci permettono di guardare con sovrana pietà talune dottrine di oltr’Alpe, sostenute da progenie di gente che ignorava la scrittura nel tempo in cui Roma aveva Cesare, Virgilio, Augusto”.

1939 –  vennero aperte delle aziende di addestramento agricolo, le “haksharoth” – Tecniche poi trasferite in Israele – che entrano in funzione ad Airuno (Como), Alano (Belluno), Osciano e Cevoli (Pisa). Così, sempre in quegli anni dove vigevano le “leggi razziali”, nei locali della Capitaneria di Porto, la Scuola Marinara di Civitavecchia ospitava una cinquantina di allievi israeliti che poi diverranno i futuri ufficiali della Marina da Guerra israeliana

1939 – Scrive Rosa Paini, ebrea, nel suo libro “I sentieri della speranza“: “Era la fine del 1939 (la Germania aveva già invaso, con la Russia, la Polonia e l’Italia era alleata del Terzo Reich, n.d.a.) e nasceva in Italia la “Delegazione Assistenza Emigrati” (DELASEM), un organizzazione ebraica che avrebbe salvato migliaia di israeliti profughi dai Paesi dell’Est Europeo e, in particolare, dalla Germania e dai territori che i nazisti andavano occupando (…) “. La DELASEM nacque il 1 dicembre 1939, come associazione autorizzata dal governo fascista, per iniziativa di Dante Almansi e Lelio Vittorio Valobra, rispettivamente presidente e vicepresidente dell’Unione delle comunità israelitiche in Italia. Scopo ufficiale era quello di assistere i correligionari stranieri allora profughi e internati in Italia ed agevolare l’emigrazione di almeno una parte di essi. Privati del diritto di residenza sul suolo italiano dalle Leggi razziali del 1938 e, a partire dal 15 giugno 1940, rinchiusi in appositi campi di concentramento, di cui Ferramenti di Tarsia, in provincia di Cosenza, fu il principale, o avviati al confino, gli ebrei stranieri rifugiatisi in Italia risultavano nella maggior parte privi dei più elementari mezzi di sussistenza. Tra il 1939 e il 1943 la DELASEM fu capace di assistere oltre 9000 rifugiati ebrei e di aiutare 5000 di essi di svariata nazionalità a lasciare l’Italia e raggiungere paesi neutrali (in primo luogo la Spagna), salvando loro la vita. Nel 1942 fu costituita a Firenze la “DELASEM dei Piccoli” con lo scopo specifico di dare assistenza ai bambini internati, offrendo loro libri, assistenza medica, giocattoli e vestiti. Nel campo di Ferramonti di Tarsia l’istituzione di una “Mensa dei Bambini” aiutò significativamente a migliorare le condizioni di vita degli infanti, bambini e ragazzi ivi internati. A Villa Emma a Nonantola il delegato DELASEM Mario Finzi in collaborazione con don Arrigo Beccari e il medico Giuseppe Moreale organizzò un orfanotrofio modello che accolse per circa un anno un gruppo di un centinaio di bambini dalla Germania e dai Balcani. Con l’8 settembre 1943 passò alla clandestinità.

febbraio 1944: Mussolini,  Parlando con il professor George Zachariae, il suo consulente medico, deplorò la follia razzista di Hitler: “Io non sono un antisemita e riconosco che scienziati e tecnici ebrei hanno dato al mondo alcune individualità eccezionali. Non posso approvare la maniera con cui è stato risolto in Germania il problema ebraico, perché i metodi adottati non sono conciliabili con la libera vita del mondo civile e ridondano a danno dell’onore tedesco“.

Le cifre
Mentre circa l’80 per cento degli ebrei europei è perita durante la seconda guerra mondiale, l’80 per cento degli ebrei italiani furono salvati.

Lo storico israelita
Un attento storico dell'”Olocausto ebraico“, Mondekay Poldiel, israelita, ha scritto: “l’amministrazione fascista e quella politica, quella militare e quella civile si diedero da fare in ogni modo per difendere gli ebrei, per fare in modo che quelle leggi rimanessero lettera morta“.

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