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054 – l’antisemitismo fascista

L’uguaglianza Fascismo – antisemitismo trova la sua giustificazione nelle leggi razziali emanate nel 1938 e conferma nel ‘Manifesto della razza‘ successivo.

A tale proposito vorrei fare alcune osservazioni.Premetto subito, a scanso di equivoci, che nell’universo fascista ci furono effettivamente due piccole correnti ‘razziste‘ (ma guarda, allora anche nel partito fascista c’era la dialettica !):

  1. il gruppo dei razzisti “spirituali” di Evola e
  2. quello dei razzisti “biologici” di Giovanni Preziosi e Telesio Interlandi (che ebbero tra i loro collaboratori il futuro leader democristiano Benigno Zaccagnini).

Julius Evola (filosofo): le sue concezioni antisemite, non sono basate su un razzismo biologico (gli Ebrei non potevano infatti essere considerati secondo Evola una razza, per le mescolanze subite nel corso della storia), ma spirituale. Egli oppone a livello tradizionale “Giudei” e “Ariani” (da “Arya“, gli antichi Indiani) nel nome di una differenza di spirito. In quegli anni scrive la prefazione all’edizione italiana dei ‘Protocolli dei savi di Sion‘. Dichiara che non ha importanza la non attendibilità storica dell’opuscolo visto che comunque lo stesso racconta una veridicità secondo lui attendibile sugli effetti ebraici di controllo della società (banche, stampa, mercato, politica) attraverso la dissoluzione culturale dall’interno. L’ebraismo è per Evola una colpa senza redenzione: «nemmeno il battesimo e la crocefissione cambia la natura ebraica».

Nel 1950 pubblica l’opuscolo ‘Orientamenti‘ e nel 1951 viene arrestato e processato per apologia del Fascismo e ispiratore di alcuni gruppi neofascisti. Difeso dall’avv. Carnelutti (antifascista) e da lui stesso, viene assolto con formula piena il 20 novembre 1950. Ecco parte della sua difesa tratta ‘Il cammino del cinabro‘ da lui successivamente scritto:

«Dissi che attribuirmi idee fasciste era un assurdo, non in quanto erano fasciste, ma solo in quanto, rappresentavano, nel fascismo, la riapparizione di principi della grande tradizione Politica europea di Destra in genere. Io potevo aver difeso e potevo continuare a difendere certe concezioni in fatto di dottrina dello Stato. Si era liberi di fare il processo a tali concezioni. Ma in tal caso si dovevano far sedere sullo stesso banco degli accusati: Platone, un Metternich, un Bismarck, il Dante del De Monarchia e via dicendo.»

Telesio Interlandi: fu per 20 anni il direttore del giornale il Tevere (fondato su invito di Mussolini e finanziato dallo stesso), a cui collaborarono Luigi Pirandello, Emilio Cecchi, Ungaretti e Cardarelli, Vitaliano Brancati,  Antonio Baldini, Nicola Pende, Alberto Moravia, Batoli e Mazzacurati, Elio Vittoriani, Corrado Alvaro, Carlo Ternari, Ercole Patti, Marcello Gallina, Aldredo Mezio, Massimo Lely, Mario Massa, Ardengo Soffici, Julius Evola, Luigi Chiarini e Umberto Barbato, Campigli e Bandinelli, Villaroel e, dal ’36, Giorgio Almirante poi divenuto redattore capo. Era un quotidiano senza cronaca nera: chi vuole la “nera” compra il “Messaggero“, diceva Interlandi.

Al direttore del “Tevere” sarà consentito di attaccare in prima pagina ministri in carica (Bottai ministro della Educazione Nazionale) o personaggi “intoccabili” del Regime (Marcello Piacentini, “patron” indiscusso dell’architettuta e dell’urbanistica fascista). E poteva gettare regolarmente nel cestino (e lo faceva platealmente, davanti a tutta la redazione) le quotidiane “veline” demenziali del Minculpop (“domani poco Papa“), inviando in sua vece alle riunioni convocate dal Ministro, l’ultimo praticante di redazione, ignorando le proteste dei vari Polverelli, Alfieri e Direttori Generali. Il “proto” nella tipografia del “Tevere” dal 1924 fino al 25 luglio 1943 era Galeotti, bravissimo e affezionato perché era un comunista, sempre rimasto tale, schedato come sovversivo dalla polizia e che quindi nessuno avrebbe mai fatto lavorare, salvo Interlandi, che garantiva per lui.

Dopo aver fondato il settimanale letterari “Quadrivio“. gli fu affidata in seguito la direzione del quindicinale “La Difesa della Razza“, fatto che lo rese bersaglio nel dopoguerra delle accuse più turpi.

Nel 1940 lasciò la direzione della rivista a Giorgio Almirante e si arruolò volontario nella Milizia Artiglieria Marittima sospendendo ogni attività letteraria. Durante la RSI cui aveva aderito, gli fu offerta la direzione del “Corriere della Sera”, che lui rifiutò.

Processato nel dopoguerra, fu assolto, ma visse sino alla fine nell’indigenza più completa. Fu infatti ‘epurato‘, cancellato dall’Albo dei giornalisti, sequestrati tutti i suoi beni considerati ‘profitti di regime‘ nonostante l’assoluzione del Tribunale che lo aveva processato. Morì nel 1965, subito dopo la morte della moglie.

Giovanni Preziosi: missionario nell’Opera Bonomelli in Westfalia, ebbe un grosso contrasto col console italiano e, persa la fiducia dell’Opera, si spretò. In quell’epoca (5 mesi) si occupò degli emarginati. Sull’emigrazione fondò la rivista ‘La vita italiana all’estero‘ che fu pubblicata dal 1913 al 1943.

Nel 1933 ebbe un incontro a Milano con alcuni esponenti dell’antisemitismo tedesco e scrisse il libro ‘Gli Ebrei, la passione e la resurrezione della Germania‘. Aderì al Fascismo e, tra l’altro. nel ’29 ebbe a dire in Parlamento, sostenendo che era inutile una politica per il Mezzogiorno: ‘nessun paese è mai progredito per opera e virtù del proprio governo“. Sostenne anche che: “Né quando si parla di consenso, il fascismo vuole che questo si manifesti facendo diventare tutti fascisti. Tutt’altro. Purtroppo oggi tutti sono diventati fascisti“, cosa che sconcertò ovviamente il partito.

Nel 1938 fu tra i firmatari del ‘Manifesto della Razza‘ e ricoprì incarichi ministeriali. Aderito alla RSI, sostenne con Hitler la poca convinzione dimostrata da alcuni membri del Governo (in particolare Guido Buffarini Giudi) nella repressione ebraica e se ne lamentò anche con Mussolini, che giudicava come ormai privo di forze.

Contrastò sempre Pavolini che aveva una cognata ebrea.

Ricoprì il ruolo di Direttore Generale per la demografia della razza e fu indubbiamente il campione dell’antisemitismo italiano. Si suicidò insieme alla moglie, a Milano, gettandosi dal balcone piuttosto che consegnarsi agli Alleati.
Ebbe fama di iettatore. Per questo motivo era spesso chiamato ‘l’innominabile‘. A questo riguardo Rudolph Rahn, ambasciator di Hitler a Salò, scriverà: «[…] il suo nome pronunciato in presenza di italiani, provocava immediatamente gesti di scongiuro, di paura, di difesa. Aveva fama di essere uno “iettatore” e certamente molti italiani credono che Mussolini non avrebbe fatto una fine così tragica se Preziosi non lo avesse accompagnato nel suo ultimo viaggio». In realtà, come detto, Preziosi non andò con Mussolini, ma restò a Milano dove in seguito si uccise.
(da Wikipedia)

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