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127 – Angola

In Angola, paese dell’Africa meridionale ricco di petrolio e materie prime, dal 11 novembre 1975, giorno della sua indipendenza dai portoghesi, a neanche un mese fa, non c’è stato un solo giorno di pace. Una delle ragioni della quasi trentennale guerra civile e una delle principali fonti di finanziamento dei ribelli dell’Unita sono stati i diamanti, di cui il Paese è ricchissimo e il petrolio: queste risorse dovranno ora trovare una gestione corretta e trasparente per garantire la stabilità al Paese.

I 27 anni di guerra civile in Angola hanno provocato, secondo stime non ufficiali, un milione di morti e quattro milioni di profughi (un terzo della popolazione totale). Da una parte il partito di governo marxista Mpla, sostenuto da URSS e Cuba; dall’altra i guerriglieri anticomunisti del movimento di liberazione Unita (Unione per l’indipendenza totale dell’Angola) armati da Stati Uniti, Sudafrica e dallo Zaire (oggi Congo). Già in due precedenti occasioni le parti in conflitto avevano provato a raggiungere senza successo un’intesa. Un debole accordo di pace nel 1991 era stato subito violato dall’Unita che nelle elezioni del 1992 non aveva accettato i risultati elettorali. Un secondo accordo di pace nel 1994 (accordo di Lukasa) aveva subito la stessa sorte: non avendo trovato alcun rispetto da parte dei guerriglieri dell’Unita che controllavano la maggior parte dell’est del paese e i suoi diamanti, tanto che il Consiglio di sicurezza dell’Onu fu costretto a votare l’imposizione di alcune sanzioni.

Finalmente lo scontro ha trovato una soluzione con il cessate il fuoco, firmato lo scorso 11 aprile, dopo quindici giorni di colloqui tra soldati. Gli sviluppi dell’attuale processo di pace sono seguiti all’uccisione, avvenuta il 22 febbraio scorso, da parte dei militari governativi, del leader storico dell’Unita, Jonas Savimbi, il “leone” d’Angola, fondatore dell’Unita, caduto in battaglia, all’età di 67 anni, nella provincia di Moxico, circa 700 chilometri a sud-est della capitale Luanda, dove fin dall’ottobre scorso le truppe governative avevano intensificato la caccia all’uomo. Savimbi, prima maoista poi anticomunista , sospettato di essere al servizio dei portoghesi e poi eroe dell’indipendenza da Lisbona, leader nero, ma finanziato dal Sudafrica bianco e razzista, per trent’anni, sembrava indomabile, capace di resistere persino alla fine della Guerra Fredda e all’abbandono degli Stati Uniti, i sostenitori di un tempo. Alla notizia della sua morte tutti gli abitanti della capitale Luanda scesero in strada a festeggiare.
(da Crimini Comunisti Angola)

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