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082 – Le opere del Fascismo

Il rapido progresso dell’Italia dopo la 2a guerra mondiale e il fatto che oggi è già in marcia verso uno sviluppo intensivo capitalistico sarebbe impensabile senza i processi sociali iniziati durante il periodo fascista”. Così Mihaly Vajda scrive in ‘The Rise of Fascism in Italy and Germany‘.

Ampie aree della penisola erano affogate in malsaniche paludi; chi era costretto a vivere in quelle zone raramente superava il quarantesimo anno d’età. Queste aree insalubri si estendevano dal Veneto all’ Emilia-Romagna, dalla Maremma toscana all’Agro Pontino, dalle pianure del Garigliano, del Volturno, del Sele al Tavoliere delle Puglie e alla Basilicata, dalla Piana di Sibari alle terre della Sila e del Neto.
Per risolvere il problema ci volle la saggia politica agraria ispirata e pilotata da Arrigo Serpieri che promosse numerose leggi di carattere fondamentale, tra le quali, le più importanti: la legge N° 3256 del 30/12/23, sulla bonifica idraulica e della difesa del suolo; la legge N° 753 del 18/5/24 sulle trasformazioni agrarie di pubblico interesse.

Serpieri venne eletto deputato al Parlamento nel 1924, incarico rinnovato fino al 1935 quando fu nominato Senatore del Regno e capo della Commissione Agricoltura. Dal Senato fu epurato nel dopoguerra dal Governo Bonomi perché fascista (45/4).

Come Sottosegretario di Stato organizzò e diresse i servizi per la prima applicazione della legge N° 3134 del 24/12/28 (“Legge Mussolini”) per la “Bonifica integrale“, le cui opere vennero affidate all’ONC.

Le prime bonifiche, con impianti idrovori per il sollevamento delle acque, ebbero inizio nel basso Veneto (Jesolo all’epoca era palude) e in Emilia. Nuova terra venne posta al servizio dell’agricoltura e, con essa, si crearono nuovi posti di lavoro.
Dal suolo bonificato sorgono irrigazioni, si costruiscono strade, acquedotti, reti elettriche, opere edilizie, borghi rurali ed ogni genere di infrastrutture. Con questa tecnica la bonifica di Serpieri va ben al di là del semplice prosciugamento e diventa strumento di progresso economico.
Dalle Paludi Pontine sorsero “in tempi fascisti” (così detti per indicare “in poco tempo“) vere e proprie città: Littoria, inaugurata il 18 dicembre 1932, Sabaudia (giudicata uno dei più raffinati esempi di urbanistica razionale europea) il 15 aprile 1934; Pontinia, il 18 dicembre 1935; Aprilia, il 29 ottobre 1938; Pomezia, il 29 ottobre 1939. Nell’ Agro Pontino furono costruite ben 3.040 case coloniche, 499 chilometri di strade, 205 chilometri di canali, 15.000 chilometri di scoline. Furono dissodati 41.600 ettari di terreno, furono costruiti quattordici nuovi borghi che portano il nome delle principali battaglie alle quali parteciparono i nostri fanti.

La bonifica di Maccarese, nell’Agro romano, è un’altra importante realtà: un’”azienda modello” agricolo-zootecnico-vivaistica, sorse su oltre 5 mila ettari di terreni bonificati con centinaia di case, campi sperimentali, caseifici, cantine sociali: tutto gestito da oltre 1.500 lavoratori tecnici ecc.

La “bonifica integrale” continuava senza soste: quella dell’Isola Sacra a Roma, con la fondazione di Acilia e di Ardea; quella dove poi sorgeranno Fertilia (Sassari), Mussolinia (oggi Arborea-Oristano); quella del Campidano (Cagliari), quella di Metaponto (Matera). E così le bonifiche si estenderanno in Campania, Puglie, Calabria, Lucania, Sicilia, Dalmazia.
Non possono essere dimenticate le grandi opere realizzate in Somalia, Eritrea e in Libia; a solo titolo d’esempio citiamo il lavoro svolto da Carlo Lattanzi che visse per oltre quarant’anni sulla “Quarta Sponda“. Si deve alla sua instancabile attività la bonifica e la messa a coltura di ampie aree a grano, oliveti, vigneti, frutteti ecc. su oltre 2.600 ettari di terreni aridi e sabbiosi.

Un cenno merita anche la gigantesca opera realizzata dall’ingegnere idraulico Mario Giandotti: un poderoso canale che, attingendo acque dal Po, irriga ampie aree di terreni coltivati nelle province di Modena, Mantova, Bologna, Ravenna, Forlì. Oltre 340 chilometri di canali danno vita a ben 325 mila ettari di terreno.

Nel 1927 (23 giugno) varò una legge, la 1630, per la realizzazione di un “Idroscalo” per la città di Milano. Vero mare, perfino salato, arenile, pini marini, bagnanti, bagnini. Realizzazione ardita che solo il Duce poteva permettersi di portare a termine.

L’”Idroscalo” è un grande canalone lungo 3 Km e largo 300 metri con 300 di testata per le manovre dei velivoli. Il bacino occupa una superficie di 610.000 mq. È alimentato da acque sorgive.

“Questo spettacolare miracolo fu inaugurato nel 1930, il 5 luglio.
L’arenile ha 100 cabine, ha il suo “lungomare“, con alberi intorno, alberghi, Luna Park, campi sportivi, prati. Al centro del bacino vi è un’isoletta che può essere raggiunta facilmente con una barca e trovarvi ogni divertimento”.

Sempre in piena “congiuntura economica” la nostra fantasia produttiva veniva riconosciuta ovunque. Il 22 dicembre 1932, il deputato laburista inglese Lloyd George rimproverava il suo Governo di inerzia e lo spronava, per risolvere i problemi della disoccupazione, proponendo di “fare come Mussolini nell’Agro Pontino“.
Ancora più incisivamente il giornale Noradni Novnij di Brno, il 15 dicembre 1933, scriveva: “Con successo infinitamente superiore a quello annunciato per il suo piano da Stalin, in Russia si è fatta un’opera di costruzione, ma in Italia si è compiuta un’opera di redenzione, di occupazione. All’altra estremità dell’ Europa si costruiscono enormi aziende, città gigantesche, centinaia di migliaia di operai sono spinti con folle velocità a creare un’azienda colossale per il “dumping” (rifiuti – ndr) che dovrà portare la miseria a milioni di altri paesi europei. Mentre invece in Italia il piano Mussolini rende una popolazione felice e nuove città sorte in mezzo a terre redente, coperte ovunque di biondi cereali“.

I consensi non riguardavano solo i metodi usati dal Governo italiano per superare la “crisi congiunturale“, ma essi partivano dagli anni precedenti.
Lo svedese Goteborgs Handels del 22 marzo 1928, scriveva: “Non si può davvero non restare altamente sorpresi di fronte al lavoro colossale che il governo fascista viene svolgendo con una incredibile intensità di energica: amministrazione pubblica radicalmente cambiata, ordinamento sociale posto sulla nuova base della organizzazione sindacalista, trasformazione dei codici, riforma profonda della istituzione e un tipo di rappresentanza nazionale affatto nuovo negli annali del mondo”. Il coro di meravigliati consensi andava dalla Bulgaria al Giappone, dalla Cina alla Francia.
Il londinese Morning Post del 29 ottobre 1928: “L’opera del fascismo è poco meno che un miracolo
“.

Il prestigioso Daily Telegraph del 16 gennaio 1928: “Il fascismo non è soltanto uno sforzo verso un nuovo sistema politico, ma un nuovo metodo di vita. Esso è perciò il più grande esperimento compiuto dall’umanità dei nostri tempi“.

Altri dati rivelano che quanto si scriveva nel mondo era ben meritato.

Nel 1922 i braccianti erano oltre 2 milioni: nei primi anni del ‘40 il loro numero si ridusse a soli 700 mila unità, gli altri erano divenuti proprietari, mezzadri o compartecipi di piccole o grandi aziende.
Nella sola Sicilia i proprietari terrieri passarono dai 54.760 del 1911 a 222.612 del 1926. Questo è un ulteriore dato che può far meglio comprendere lo sforzo compiuto in quegli anni.

Possiamo quindi dire che l’obiettivo politico fu, almeno in gran parte, centrato. Questo avveniva mentre nel mito marxista la collettivizzazione delle terre risultava fallimentare e affogata nel sangue e nella disperazione.

Mussolini a Carl Marx contrapponeva il contadino compartecipe della produzione.
(Sviluppo nel ventennio fascista)

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